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LOCARNO 2023 Concorso

Recensione: Animal

di 

- Sofia Exarchou torna con un incisivo secondo lungometraggio sui lavoratori stagionali di un resort all-inclusive situato su un'isola greca

Recensione: Animal
Dimitra Vlagopoulou in Animal

"Non sogno. Vuoto totale". Questa confessione, pronunciata in un disordinato angolo del dietro le quinte, tra un cambio d'abito e un ritocco al trucco, può sembrare abbastanza casuale, ma lascia intendere la posta in gioco emotiva del secondo lungometraggio della regista greca Sofia Exarchou. Animal [+leggi anche:
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è il primo film presentato in anteprima al Concorso Internazionale del Locarno Film Festival e non ha paura di far scorrere un po’ il sangue, sollevando il sipario sul lavoro stagionale nell'industria alberghiera all-inclusive. La frase citata la pronuncia la protagonista, Kalia (Dimitra Vlagopoulou), la cui decennale carriera di animatrice sembra aver reclamato il suo tributo simbolico, privandola della capacità di sognare. Un commento fugace che è uno sguardo all'interno del personaggio, altrimenti taciturno, mentre la sua presenza caratterizza la maggior parte del tempo del film: è leader di una dinamica di gruppo imperfetta, conduce gli spettacoli serali per gli ospiti del resort e si crogiola segretamente sotto i riflettori, regalando alle persone l'illusione che deriva dall'intrattenimento organizzato. 

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Con Animal, Exarchou toglie via la pelle che protegge un corpo al lavoro, soprattutto se il suo lavoro è reso effimero dal valore stesso dell'intrattenimento. Gli animatori hanno il compito di mediare l'esperienza degli ospiti di un hotel all-inclusive in modo tale che la creazione di ricordi sia percepita come un investimento di marketing: dare alle persone un momento indimenticabile, in modo che tornino e portino i loro amici. Ma la regista greca non si ferma alla pura critica sociale o a una condanna del turismo e delle sue permutazioni capitalistiche. Al contrario, costruisce la storia di una donna negata, debole e bloccata in una trappola che si è costruita da sola, presumibilmente per realizzare il suo sogno di esibirsi, quando la performance l'ha ormai privata proprio di questo: dei sogni.

Per contrastare questa astrazione, il film adotta un'estetica corporea, in cui la macchina da presa di Monika Lenczewska (che ha girato anche l'esordio del regista, Park [+leggi anche:
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) esiste come entità a sé stante. La mdp è in agguato, curiosa; si aggira e segue la protagonista nelle sue fughe notturne, soffermandosi per un minuto sul suo corpo livido, nudo nella doccia. In modo toccante, Exarchou fa il punto sulla natura del lavoro, semplicemente tornando agli stessi eventi - show e docce, tra gli altri - per mostrare che il corpo femminile ha sempre portato i segni di un lavoro invisibile. E che questo lavoro è stato apprezzato solo quando è stato reso invisibile. Un'interpretazione straziante della hit anni '70 del duo femminile spagnolo Baccara "Yes Sir, I Can Boogie" è un altro leitmotiv, che torna a tormentare il finale malinconico del film e conferma Animal come un'opera profondamente commovente, con un sottile messaggio politico all'altezza dei suoi meriti estetici.

Animal è prodotto da Homemade Films (Grecia) in coproduzione con Nabis Filmgroup S.R.L (Austria), Digital Cube Romania, Felony Film Productions (Grecia) e ARS Digital Studio (Bulgaria). Shellac si occupa delle vendite internazionali.

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(Tradotto dall'inglese)

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