Recensione: Sweet Dreams
- Ena Sendijarević dà seguito al suo pluripremiato esordio con un inquietante racconto d'epoca ambientato nelle Indie Orientali Olandesi
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intervista: Ena Sendijarević
scheda film], la regista Ena Sendijarević sposta lo sguardo dalle sue origini bosniache al passato coloniale del paese in cui è cresciuta e vive, i Paesi Bassi. Sweet Dreams [+leggi anche:
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intervista: Ena Sendijarević
scheda film] è stato presentato in anteprima al Concorso Internazionale del Locarno Film Festival ed è allo stesso tempo delizioso e brillante nel modo in cui affronta complesse questioni geopolitiche, rappresentate dai suoi personaggi e dai loro atteggiamenti avversativi nei confronti del potere. A un certo punto, verso la fine del film, uno specchio si rompe nella sontuosa villa dei colonizzatori - un dettaglio che è ricco di simbolismo per un ordine dal destino segnato, per un modo sbagliato di guardare le cose e, soprattutto, per un falso riflesso.
Jan, proprietario di una piantagione di zucchero olandese, si gode una vita che molti definirebbero felice, con una moglie, Agathe (interpretata da Renée Soutendijk), una cameriera-concubina. Siti (interpretata da Hayati Azis), una fabbrica ben funzionante, una casa e un ambiente opulenti. Purtroppo però Agathe è impaziente, Siti cerca di provvedere al figlio illegittimo che ha con Jan e gli operai della fabbrica sono in sciopero. Una notte, all'improvviso, Jan ha un infarto e la sua morte getta nello scompiglio il loro mondo ordinato. La matriarca, disperata, vuole mantenere il suo status e i privilegi con cui è cresciuta ("le signore devono riposare"), così chiama il figlio. Cornelius (Florian Myjer) e la moglie Josefien (Lisa Zweerman), incinta e abituata a una vita agiata nei Paesi Bassi, si trovano ora a dover gestire dinamiche complesse con forestieri e colonizzatori.
Insieme al direttore della fotografia Emo Weemhoff, Sendijarević crea un mondo che è così palesemente un'invenzione - dalle inquadrature distorte con il grandangolo, gli occasionali angoli alti e gli zoom lenti, l'intensità del colore verde contro il bianco degli abiti coloniali - che la sua gradevolezza visiva non fa che enfatizzare l'aggressività e la malvagità dell'ambiente. La sua visione è certamente singolare, nel modo diretto in cui lavora con l'artificialità per svelare una cruda verità sui caratteri umani nel paradigma coloniale. Ambientando il film su un'isola imprecisata e "intorno all'anno 1900", la sceneggiatrice-regista si ritaglia la libertà di andare in profondità nelle dinamiche interpersonali e di raffigurarle vili e assurde.
Sweet Dreams si riferisce all'ultimo residuo di una vita segnata da un continuo processo di sottomissione. Sendijarević getta un ponte tra il passato e il presente, mettendo in luce storie crudeli e taciute attraverso la satira e il formalismo. Parlando agli spettatori di oggi con un linguaggio cinematografico a cui sono più abituati, è come se dicesse che anche loro stanno vivendo l'inizio della fine. Ma se il colonialismo continua a vivere attraverso i suoi riverberi nel modo in cui il nostro mondo è strutturato, possiamo vivere nell'Antropocene?
Sweet Dreams è una coproduzione tra Lemming Film e VPRO (Paesi Bassi), Plattform Produktion e Film ï Vast (Svezia) e l’indonesiana Tala Media. Heretic si occupa delle vendite internazionali.
(Tradotto dall'inglese)
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