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LOCARNO 2023 Concorso

Recensione: Sweet Dreams

di 

- Ena Sendijarević dà seguito al suo pluripremiato esordio con un inquietante racconto d'epoca ambientato nelle Indie Orientali Olandesi

Recensione: Sweet Dreams

Dopo il grande successo del suo primo lungometraggio, Take Me Somewhere Nice [+leggi anche:
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, la regista Ena Sendijarević sposta lo sguardo dalle sue origini bosniache al passato coloniale del paese in cui è cresciuta e vive, i Paesi Bassi. Sweet Dreams [+leggi anche:
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è stato presentato in anteprima al Concorso Internazionale del Locarno Film Festival ed è allo stesso tempo delizioso e brillante nel modo in cui affronta complesse questioni geopolitiche, rappresentate dai suoi personaggi e dai loro atteggiamenti avversativi nei confronti del potere. A un certo punto, verso la fine del film, uno specchio si rompe nella sontuosa villa dei colonizzatori - un dettaglio che è ricco di simbolismo per un ordine dal destino segnato, per un modo sbagliato di guardare le cose e, soprattutto, per un falso riflesso. 

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Jan, proprietario di una piantagione di zucchero olandese, si gode una vita che molti definirebbero felice, con una moglie, Agathe (interpretata da Renée Soutendijk), una cameriera-concubina. Siti (interpretata da Hayati Azis), una fabbrica ben funzionante, una casa e un ambiente opulenti. Purtroppo però Agathe è impaziente, Siti cerca di provvedere al figlio illegittimo che ha con Jan e gli operai della fabbrica sono in sciopero. Una notte, all'improvviso, Jan ha un infarto e la sua morte getta nello scompiglio il loro mondo ordinato. La matriarca, disperata, vuole mantenere il suo status e i privilegi con cui è cresciuta ("le signore devono riposare"), così chiama il figlio. Cornelius (Florian Myjer) e la moglie Josefien (Lisa Zweerman), incinta e abituata a una vita agiata nei Paesi Bassi, si trovano ora a dover gestire dinamiche complesse con forestieri e colonizzatori. 

Insieme al direttore della fotografia Emo Weemhoff, Sendijarević crea un mondo che è così palesemente un'invenzione - dalle inquadrature distorte con il grandangolo, gli occasionali angoli alti e gli zoom lenti, l'intensità del colore verde contro il bianco degli abiti coloniali - che la sua gradevolezza visiva non fa che enfatizzare l'aggressività e la malvagità dell'ambiente. La sua visione è certamente singolare, nel modo diretto in cui lavora con l'artificialità per svelare una cruda verità sui caratteri umani nel paradigma coloniale. Ambientando il film su un'isola imprecisata e "intorno all'anno 1900", la sceneggiatrice-regista si ritaglia la libertà di andare in profondità nelle dinamiche interpersonali e di raffigurarle vili e assurde.

Sweet Dreams si riferisce all'ultimo residuo di una vita segnata da un continuo processo di sottomissione. Sendijarević getta un ponte tra il passato e il presente, mettendo in luce storie crudeli e taciute attraverso la satira e il formalismo. Parlando agli spettatori di oggi con un linguaggio cinematografico a cui sono più abituati, è come se dicesse che anche loro stanno vivendo l'inizio della fine. Ma se il colonialismo continua a vivere attraverso i suoi riverberi nel modo in cui il nostro mondo è strutturato, possiamo vivere nell'Antropocene?

Sweet Dreams è una coproduzione tra Lemming Film e VPRO (Paesi Bassi), Plattform Produktion e Film ï Vast (Svezia) e l’indonesiana Tala Media. Heretic si occupa delle vendite internazionali.

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(Tradotto dall'inglese)

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