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Italia

Monica Ciarli • Venditrice, Minerva Pictures

“Un agente di vendita deve incominciare sempre di più ad investire una piccola quota in produzione o addirittura produrre i propri film”

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- Con il capo delle vendite internazionali della società romana abbiamo discusso, tra i vari argomenti, di come ruolo dell’agente di vendita si stia evolvendo e prendendo una nuova direzione

Monica Ciarli  • Venditrice, Minerva Pictures
(© MIA)

Cineuropa ha l’occasione di intervistare Monica Ciarli, capo delle vendite internazionali per la società romana di produzione, distribuzione, vendite ed editore multimediale, Minerva Pictures. Durante la nostra conversazione, ci siamo soffermati su diversi argomenti ed in particolare sulla politica editoriale dell’azienda, sul suo catalogo nonché sul lavoro di produzione e vendita.

Cineuropa: Di cosa si occupa Minerva Pictures e come sono divisi i compiti all’interno del team delle vendite estere?
Monica Ciarli: Ti racconto un po’. Sono arrivata a Minerva circa sei anni fa. Da allora, abbiamo rilanciato il dipartimento delle vendite estere e in questo momento io lavoro come responsabile; poi, c’è una consulente che si occupa di vendite per l’Italia e per l’estero e, infine, un team di giovani ragazze molto in gamba – una è specializzata sulle acquisizioni per l’estero, una sulla library ed una sui festival. Al momento siamo strutturati così. Minerva è una società storica e da anni fa produzione, distribuzione, vendite estere e quest’anno compiamo 70 anni.

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Quanto è ampio il vostro catalogo e su cosa siete specializzati in ambito vendite?
Abbiamo una library enorme con circa 3000 titoli in totale. Tuttavia, per l’estero ne gestiamo circa 700/800. Tra questi figurano “pezzi da novanta” come Il conformista, Gruppo di famiglia in un interno, Mimì metallurgico ferito nell’onore, Il generale Della Rovere, Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto e così via. Oltre a questo, siamo una società di produzione e quindi produciamo film per il mercato italiano e internazionale, che esportiamo in tutto il mondo. Noi vendiamo il 95% delle volte i film che produciamo. Produciamo circa 10 film l’anno, contando quelli su cui lavoriamo come produttori associati e recentemente abbiamo cominciato a produrre anche serie TV e documentari. Quindi, noi vendiamo i film che produciamo ma abbiamo anche una specializzazione sui film di genere, sia “elevato,” sia “meno elevato” – light horror, thriller, azione... In Italia non ci sono molti film che trattano di questi temi. Stanno crescendo e ne siamo molto felici, anche se spesso abbiamo lavorato con titoli non italiani. Per esempio, nel 2018 abbiamo preso Blood Fest, un film horror americano e l’abbiamo venduto nel mondo, tranne che negli Stati Uniti. Dunque, la nostra specializzazione è questa però non disdegniamo nemmeno film d’autore un po’ “particolari.” Per esempio, quest’anno abbiamo coprodotto Rossosperanza [+leggi anche:
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di Annarita Zambrano, un film grottesco e visionario, in questo momento in concorso a Locarno. A Locarno abbiamo anche un film con Stellan Skarsgård ed Andrea Riseborough, What Remains, prodotto dalla piattaforma cinese iQIYI e del quale gestiamo le vendite mondiali. Anche questo è un thriller e rientra nel nostro genere, è un thriller d’autore.

Quanti sono i film autoprodotti che rappresentate e quanti sono quelli esterni, approssimativamente?
[I titoli esterni] sono sempre di più perché stiamo crescendo. Quando sono arrivata, avevamo forse cinque o sei nuovi titoli l’anno. Invece, adesso siamo tra i 20 e i 30. Quest’anno ne abbiamo avuti davvero tanti: se 10/15 sono di nostra produzione o co-produzione, il resto sono di terzi.

Siamo produttori e produciamo “di prima battuta,” ma molto spesso entriamo anche in fase di produzione. Siamo in contatto con molti produttori italiani e sui prodotti più interessanti contiamo di entrare [nel progetto] il prima possibile, a volte anche in fase di trattamento. Per esempio, Rossosperanza era un trattamento quando ne ho sentito parlare per la prima volta nel 2018. Oppure, possiamo entrare in un film finito. Insomma, valutiamo diverse opzioni.

Come sta cambiando il ruolo dell’agente di vendita oggi?
Un agente di vendita deve incominciare sempre di più ad investire una piccola quota in produzione o addirittura produrre i propri film: fondamentalmente [fare] quello che noi già facciamo. Questo perché il lavoro dell’agente di vendita è sempre più difficile e quindi bisogna davvero trovare delle strade alternative: [così facendo, il film] rimane un tuo prodotto, per sempre e ciò chiaramente ha un impatto diverso dal prendere un titolo a commissione per dieci anni e doverlo poi “restituire.”

Nel corso degli ultimi tre anni – dalla pandemia al post-pandemia – com’è cambiato il vostro lavoro?
C’è stato un momento in cui facevamo tutti gli appuntamenti online e ti posso dire che non ne abbiamo risentito. In quel momento, la gente cercava prodotto e quindi c’è stata una fase di crescita. Anche se non ci si incontrava di persona, si riusciva a fare dei buoni contratti. Per esempio, durante la pandemia abbiamo distribuito in America un titolo super-indipendente italiano e di genere che si chiama Shortcut. Questo piccolo horror di lingua inglese, distribuito in 700 sale, è stato per tre settimane nella top 10 del box office. [...] Poi, c’è stato un momento in cui tutti noi pensavamo che sicuramente questo metodo, questo “essere online” avrebbe sostituito l’attività in presenza. Devo dire che questo [scenario] per ora non lo vedo. Quando i mercati sono stati riaperti, c’è stato un bisogno di tornare in presenza. Il rapporto personale che si instaura quando ci si incontra di persona è diverso e a volte può fare davvero la differenza.

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