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LOCARNO 2023 Cineasti del presente

Recensione: Rivière

di 

- Il primo lungometraggio di Hugues Hariche mette in scena il quotidiano al contempo monotono e turbolento di un gruppo di adolescenti che cercano di emanciparsi da adulti ormai incapaci di capirli

Recensione: Rivière
Flavie Delangle in Rivière

Autore e regista franco-svizzero residente negli Stati Uniti, Hugues Hariche ha diretto diversi cortometraggi (Les liens du sang, Flow e Metropolis) selezionati e premiati in vari festival internazionali prima di presentare, nel concorso Cineasti del presente del Locarno Film Festival, il suo primo lungometraggio Rivière [+leggi anche:
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. Particolarmente interessato al corpo in quanto mezzo per indagare e costruire la propria identità, Hugues Harache ci propone di addentrarci nell’intimità di un gruppo di adolescenti che, come una muta di lupi, cerca di ribellarsi al mondo degli adulti. A capitanare questo branco ci pensa Manon (Flavie Delangle), un’adolescente dal passato difficile che cerca se stessa al di fuori delle convenzioni sociali. Il corpo è al centro di ogni scena, un corpo ancora incerto e in mutazione, messo costantemente alla prova, maltrattato e malmenato come se fosse inscalfibile.  Poco importa le conseguenze, quello che conta sono le emozioni brucianti che l’adolescenza porta con sé.

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Manon, diciassettenne in fuga da una famiglia affidataria che non considera come sua, scappa dalla Svizzera per ritrovare suo padre che l’ha abbandonata quand’era ancora una bambina. La protagonista di Rivière non fugge solo da un contesto educativo difficile ma anche e soprattutto da un passato crudele che vuole lasciarsi alle spalle. Determinata a trasformare il suo passato doloroso in un ricordo lontano, Manon costruisce poco a poco nuovi legami affettivi e sentimentali ritrascrivendo nel reale un percorso che già aveva tracciato sulla pista di ghiaccio. Il suo sogno è infatti quello di diventare una giocatrice di hockey professionista sfidando ed abbattendo gli stereotipi che la società eteropatraircale associa alla così detta “femminilità”: debolezza, bisogno di protezione e forza fisica pressoché inesistente. Manon è unica e non intende essere giudicata in base al genere assegnatoli alla nascita.

La storia di Manon è al contempo personale ed universale, intima e generazionale. L’eroina di Rivière diventa in questo senso porta voce di tutta una generazione che lotta per imporre la propria identità ed unicità in un mondo che sembra offrire tutto senza garantire niente. Lottare per i propri sogni diventa per Manon un’attività quotidiana, un mantra cha gli permette di tenere i suoi demoni interiori sotto controllo. Come trovare una parvenza di equilibrio quando il passato non dà tregua, quando la violenza dei ricordi sembra scalfire ogni piccola vittoria del quotidiano?

Le sue doti sportive, la passione inscalfibile per l’hockey, l’hanno spinta a frequentare un ambiente prevalentemente maschile dove sfogare una rabbia che brucia dentro come un incendio. Manon non intende adattarsi alle norme sociali rinunciando ad uno sport che adora ma considerato troppo violento per le “donne”. La sua lotta non è infatti solo legata all’eccellenza sportiva ma anche al bisogno di imporre un’identità fuori dagli schemi.

Malgrado un accumulo eccessivo di storie parallele che potrebbero diventare il soggetto di un altro film, in primis la dipendenza agli antidolorifici della sua amica pattinatrice ribelle Karine, interpretata da Sarah Bramms, così come un finale troppo scontato, le lotte di Manon toccano comunque nel profondo. Particolarmente interessante in questo senso la relazione che si crea tra la protagonista e la nuova compagna del padre (Camille Rutherford) che, senza grandi discorsi, riesce a trasmetterle la sua solidarietà.

La forza di Rivière sta nel fatto che Hugues Harache non intende giudicare Manon o i suoi nuovi compagni di avventure, quello che vuole è piuttosto mostrarne le toccanti contraddizioni, le goffe e istintive relazioni, così come la leggerezza di ogni istante tipiche dell’adolescenza.

Rivière è prodotto da Beauvoir Films in coproduzione con Les Films d’Argile e la RTS Radio Télévision Suisse e venduto all’internazionale da Outplay Films.

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